Intervista a Giorgia Latini elezioni 2022 bis

Giorgia Latini, classe 1980, un’esperienza da assessore, giovanissima, alla Cultura nel Comune di Ascoli Piceno. Poi il Parlamento, quando viene eletta alla Camera e l’impegno come vicepresidente della VII Commissione (Cultura, scienza e istruzione). Quindi, dall’ottobre 2020, assessore della Regione Marche con numerose deleghe, tra cui Cultura, Istruzione e Sport.

Era partita con altre intenzioni, giusto?
Sì è così. Conseguita la maturità classica mi sono iscritta alla Facoltà, ancora si chiamavano così, di Giurisprudenza. Mi interessava l’avvocatura, tuttavia la mia passione per la politica mi ha portato prima a lavorare nel settore cultura e sport di Anci, poi alla Camera dei Deputati come assistente del segretario di Presidenza, quindi come esperto del Ministero della Pubblica Amministrazione.
Mi ha interessato sempre moltissimo l’impatto sociale, sulle persone delle leggi. Volevo dare il mio contributo affinché le norme fossero al servizio dei cittadini onesti, non contro di loro. In effetti, se mi guardo indietro, non ho mai cambiato direzione. Siccome ho sempre avuto la passione per le etimologie, mi rifaccio sempre all’etimo della parola regola, che deriva da regere reggere, guidare… C’è dentro questa parola qualcosa che governa e che sostiene.

In che senso?
L’impegno politico, che è emerso gradualmente ma in maniera decisiva negli anni, ha risposto alla stessa esigenza: far sì che le regole fossero fatte per le persone, per la città, per la comunità. Per la crescita, per lo sviluppo, per una buona convivenza. La politica, che queste regole le scrive, ha il compito di tenere sempre un doppio sguardo… da una parte alla realtà, da una parte alle normative che hanno il compito di ordinare la vita sociale. Ordinare non può significare mai richiudere la vita di una comunità in schemi troppo rigidi. Mi rendo conto che pur non facendo l’avvocato ho mantenuto l’ispirazione iniziale. La parola, tuttavia, che mi appassiona di più è coraggio. Cor agere, agire con il cuore, dunque non per interesse personale o fini opportunistici, ma per ciò che si ritiene giusto e in sintonia con la propria parte più profonda, connessa ai nostri valori e ideali e non è detto che la cosa giusta sia la più opportuna da un punto di vista personale.

Giorgia Latini 8 bisComune, Parlamento, Regione. Sono tre passaggi, tre momenti della sua vita. Qual è stato il cambiamento più difficile?
Per una mamma di due bambini, il cambiamento è una cosa che richiede molta flessibilità. Lo sanno bene tante donne che, come me, si trovano a dover far fronte ad una vita lavorativa intensa e allo stesso tempo hanno la famiglia che richiede a tutti impegno ed energie. Tuttavia se c’è stato un cambiamento a livello di organizzazione delle mie giornate, anche in questo caso non c’è stato un cambiamento nei contenuti della mia attività. Come ho detto poco fa, ho continuato a occuparmi di ciò che mi ha sempre appassionata sin dai tempi dell’Università e del ginnasio.

Che cosa ha caratterizzato questi anni. Per esempio, si ritiene una persona da ufficio o preferisce stare tra la gente?
Questo lavoro richiede entrambe le cose. L’ufficio è indispensabile per portare avanti i progetti. Il confronto con le persone è indispensabile per trarre idee propedeutiche ai progetti, per capire quali sono le esigenze dei territori. Se la domanda è che cosa preferisco, rispondo secca che preferisco il contatto con le persone. L’impegno politico ha la sua origine e il suo esito tra la gente. Quando si chiude nei palazzi, non ascolta e non rivolge la propria attenzione al suo naturale destinatario, il cittadino, ammette il proprio fallimento.

C’è un punto di riferimento costante, un tema, un modello, che la accompagna?
Un cattolico in politica ha certamente alcuni riferimenti precisi, ma in una società complessa come quella che viviamo la difficoltà vera è calare questi riferimenti, che sono un modo di interpretare le cose, nella realtà senza ledere le sensibilità altrui.

Giorgia Latini intervistata Tvrs 2Come crede di aver tenuto fede alla motivazione iniziale, che le ha fatto intraprendere prima l’avvocatura e poi il suo attuale percorso?
Il centro delle attività che facciamo nei vari settori che fanno riferimento alle mie deleghe sono le persone, il loro lavoro. Nella Cultura, nello Sport, nell’Istruzione, nel Terzo settore. Cerchiamo di valorizzare le idee e i progetti che ci arrivano anche attraverso una logica di rete. Posso citare i bandi del mondo della cultura: in questa fase di pandemia era necessario ridare fiducia al settore spettacolo dal vivo, alle piccole produzioni (anche amatoriali) che da sempre vivacizzano l’ambiente culturale, così abbiamo pensato a bandi che sostenessero questo genere di attività.
Per lo sport attraverso un aiuto alle associazioni per l’acquisto di mezzi di trasporto oppure investendo su nuovi impianti sportivi. Oppure, se penso alle politiche giovanili, attraverso progetti che coinvolgessero i ragazzi, investiti dalla pandemia e dal distanziamento sociale, puntando al rafforzamento dei rapporti sociali, incentivando la responsabilizzazione dei ragazzi nel periodo estivo e la collaborazione con i coetani.
Se penso alla scuola mi viene in mente l’investimento di 12 milioni di euro in impianti di ventilazione meccanica e di sanificazione dell’aria per favorire il ritorno definitivo alla didattica in presenza. Le Marche sono state la prima Regione in Italia ad attuare questo intervento, siamo stati dei pionieri. In mezzo a tante discussioni sterili che hanno portato a veri e propri flop (si pensi ai banchi a rotelle), noi abbiamo realizzato azioni concrete. La didattica a distanza non è garanzia di crescita personale e formativa. Pensare ai ragazzi non poteva che significare farli tornare in aula, in sicurezza, ma in aula.

A proposito di scuola, uno dei temi di confronto è stato quello delle mascherine…
Sono sempre stata convinta che il nostro Paese, scuola compresa, dovesse superare la fase emergenziale in favore di una gestione non meno attenta ma per così dire normalizzata. Che significa evitare l’uso della mascherina in classe. Bisogna avere equilibrio in ciò che si fa, soprattutto quando si è amministratori. Come ho ribadito sui vaccini, che non devono divenire uno strumento di discriminazione. Tra l’altro questo non fa bene alla causa perché spinge a negativizzare l’argomento.

Sta per partire la seconda edizione del Festival MArCHESTORIE. Che posto occupa nella strategia regionale?
È parte integrante delle macrostrategie. Non si tratta di una sommatoria di eventi riconducibile a un unico filone. E’ molto di più: è un’operazione di salvaguardia e di valorizzazione delle identità territoriali, dell’identità delle Marche. E’ un’azione culturale, turistica, economica, sociale.

Cambiamo argomento. Perché secondo lei c’è una distanza tra politica e cittadini?
La responsabilità non è dei cittadini. Un certo modo di fare politica, di amministrare, anziché risolvere problemi è divenuto uno dei problemi da risolvere. Ma anziché interrogarci sui perché,,, dovremmo tutti iniziare ad agire in modo tale che i cittadini si accorgano che quel che si fa è utile. I discorsi sui perché e le teorie sul percome rischiano soltanto di aumentare questa distanza. Nel mio percorso personale non noto una distanza, ma è certamente un problema esistente.

Che cosa può ridurre questa distanza?
Dobbiamo occuparci di ciò che davvero può fare la differenza nella vita delle persone. Ritorno sugli impianti di ventilazione e sanificazione: essere o non essere in aula fa la differenza, la scuola è un momento fondamentale. L’infrastruttura dell’educazione è la relazione, se prescindiamo da questa non c’è vera crescita. A livello più generale le tasse, il lavoro, le cose con cui tutti i giorni si fanno i conti. Le famiglie si stanno impoverendo e a fronte di questo c’è chi parla di introdurre a scuola grembiuli gialli per non offendere nessuno.
Siamo seri: quelle famiglie hanno bisogno di garantire un futuro ai loro figli, cosa può interessare il colore del grembiulino? Dobbiamo rispettare la gerarchia delle questioni a cui trovare una risposta, non l’agenda di qualche politico a cui mettere la spunta.

C’è un cruccio, qualcosa che si era proposta di fare e non è riuscita a fare?
Sì, può sembrare una cosa minima ma per me molto importante. Il mio telefono squilla continuamente. Mi spiace non poter stabilire un contatto con tutti. So che è impossibile, ma a me spiace. Capita che le persone ti contattino per chiedere un consiglio, per avere un’informazione e nel corso della chiamata l’informazione utile, il consiglio, anziché darlo lo ricevi.

Le Marche che cosa sono per lei?
È la mia terra, bellissima. Sono nata a Fabriano, ho studiato a Camerino e vivo ad Ascoli Piceno. Girando, dal pesarese al maceratese, dal fermano all’ascolano, ti rendi conto quanto sia ricca di cose diversissime. Le persone sono contaminate da un paesaggio bellissimo, pressoché intatto.

Preferisce il gioco di squadra o da solista?
Il gioco di squadra, non ho dubbi. Anche in quegli sport dove sembra il singolo l’unico protagonista, in realtà alle spalle c’è sempre una squadra. Nel calcio, come nel tennis e anche in politica… La leadership è impossibile senza squadra.